L’evoluzione della color correction
20 anni di immagini a colori
Il cinema è il motore dell’immaginazione.
Occhi rivolti allo schermo e mente libera di fantasticare, stimolata da immagini e suoni in continuo divenire. Anche i colori hanno un ruolo essenziale: emozionano e sorprendono, permettendo all’osservatore di immergersi nel mondo che sta guardando proiettato.
È così da sempre, ma se ci soffermiamo a pensare alla color correction più nel dettaglio, possiamo pensare a come questa arte abbia subìto grandissime evoluzioni nel corso del tempo, spesso di pari passo all’innovarsi delle tecnologie.
Negli ultimi vent’anni, infatti, gli strumenti che utilizziamo nelle produzioni cinematografiche si sono trasformati quasi completamente.
Il più grande cambiamento nei flussi di lavoro legati alla color correction è stato il passaggio dal color timing al Digital Intermediate.
Il color timing è un processo analogico di laboratorio in grado di manipolare il colore del girato nelle produzione cinematografica. Questo processo agisce sulle quantità di luce rossa, verde e blu utilizzate per creare una pellicola positiva (o di stampa) da un negativo.
Queste regolazioni modificano l’esposizione e/o al bilanciamento del colore sull’intera immagine stampata. Il negativo della pellicola è la sorgente originale della celluloide, e il risultato finale a colori viene registrato sulla pellicola in modo positivo.
Il Digital intermedio (DI), invece, è il processo elettronico con il quale le immagini sono modificate come dati digitali. Attraverso una lavorazione si può determinare il modo in cui l’immagine viene riprodotta. Queste manipolazioni possono essere fatte su tutto il fotogramma, oppure si può modificare solo una porzione, come cambiare il colore di un singolo elemento o l’incarnato di un attore.
La color correction è cambiata molto dai tempi dei bagni chimici e dai rulli di negativo. Il DI permette di avere un controllo quasi totale rispetto al color timing, una gestione più semplice e, non ultimo, un risparmio economico.
Ma c’è di più.
Queste trasformazioni dei software e delle tecnologie ha liberato la creatività dei registi. Non sono più i limiti tecnici a determinare le scelti, ma la visione e le scelte registiche.
Se con il color timing il datore luci selezionava una serie di fotogrammi che avrebbero condizionato l’aspetto di tutto il film, con il DI c’è molta più libertà di scelta.
Prima venivano usati processi fotochimici per i quali l’apparecchiatura necessaria per l’anteprima era altamente specializzata, come un analizzatore di colori Hazeltine o Kodak.
A differenza del mondo digitale, queste macchine operavano in modo lineare. Si tratta di un metodo notevolmente più lento rispetto ai sistemi non lineari di oggi, che consentono il trasporto istantaneo da una clip all’altra, indipendentemente dal loro posizionamento nel taglio.
Dopo aver valutato le esigenze fotografiche della pellicola, il color timer utilizzava la sua esperienza per le regolazioni desiderate; in pratica consistono nell’aggiunta o la sottrazione globale di rosso, verde e/o blu dall’immagine su base per-shot.
Infine, la stampa color corretta passava ancora una volta al vaglio delle valutazioni del direttore della fotografia e del regista che controllavano che le modifiche fossero state apportate e non ci fosse bisogno di ulteriori immagini da modificare. Quanto tempo occorreva? Tra le 2 e le 6 settimane, a seconda della complessità e della durata del film.
Imparare dal passato
Abbiamo fatto un salto indietro nel tempo, ma dobbiamo riconoscere che il processo di sincronizzazione dei colori oggi non è così diverso.
I team creativi devono scegliere un look complessivo e identificare le esigenze tecniche e le opportunità creative all’interno del filmato. Da lì, il regista supervisiona le modifiche e dà feedback dopo ogni passaggio.
Dopo tutti questi anni, alla luce delle nuove tecnologie e ascoltando gli insegnamenti dei professionisti che ci hanno preceduto, possiamo individuare dei pilastri indissolubili della color correction. Idee, strumento e opinioni che ci possono guidare in questo magnifico lavoro.
1. Guarda la luna, non il dito
Pensare in maniere globale è fondamentale per ottenere un risultato uniforme, coerente e interessante. Bisogna avere una visione creativa d’insieme del risultato finale del film, mai considerare le immagini come singole e a sé stanti.
Questo è uno dei segreti per il successo del flusso di lavoro di color correction: pensare e lavorare a livello globale produce un risultato visivo superiore e consente un processo più efficiente.
La grande notizia è che oggi possiamo avere il meglio del vecchio e del nuovo. Non siamo più costretti a scegliere da una lista ristretta di possibilità predefinite, ma possiamo realizzare la nostra idea in modo unico.
2. Fai riferimento all’ambiente in cui è stata girata la scena
Un altro fattore chiave nel successo dell’approccio è legato al luogo di lavoro.
Perché? Immaginate una scena troppo buia, con inquadrature fioche e carenti di dettagli. In un flusso di lavoro connesso alla scena, il dettaglio desiderato e l’esposizione possono essere recuperati con una semplice regolazione, con risultati che sembrano molto simili all’apertura del diaframma della mdp. Indirettamente questo porta a un altro vantaggio, oltre quello qualitativo, legato al risparmio di tempo
3. Parla la lingua dei professionisti come te
Nonostante i suoi limiti, lavorare e pensare in analogico ha avuto un grande vantaggio: ha fornito un linguaggio standardizzato facilmente comprensibile da laboratori, strutture e registi.
Questo avviene anche oggi, ancora una volta attraverso strumenti diversi, come plug-in che offrono alla stampante punti di regolazione facilmente individuabili.
Qualunque sia la terminologia che si sceglie, la lezione chiave è quella di fare uno sforzo per trovare un linguaggio che funzioni bene per te e per i tuoi collaboratori. Così, l’intero processo di color diventa più semplice, più piacevole e più produttivo.
4. Scegli un processo che ti faccia risparmiare tempo e fatica
È vero, non abbiamo più a che fare con la pellicola e questo comporta delle implicazione che non abbiamo ancora esplicitato.
Uno di questi è legato alla nostra soglia di attenzione: oggi abbiamo la sensazione di aver a disposizione infinito tempo e infinite possibilità di tornare indietro e ricominciare da capo, mentre con la pellicola questo non era possibile. Se manteniamo gli standard organizzativi che avremmo utilizzato con la pellicola, però, possiamo pianificare con più efficienza, evitando ripensamenti, imprecisioni e inutili esitazioni.
5. La soluzione migliore è sempre la più semplice
Prima di ricorrere ai software più sofisticati e ai sistemi più strutturati, valuta sempre se è possibile migliorare o correggere l’immagine con una semplice regolazione. Cambia logica, esci dai meccanismi sofisticati a tutti i costi, sforzati di trovare la soluzione più efficace per raggiungere lo scopo che desideri.
Così otterrai un risultato più naturale e di qualità in meno tempo.