6 Ottobre 2022 Irene

Gino Soldà – Una vita straordinaria. Parte Prima: Regia e Produzione.

Ripercorriamo la realizzazione del documentario “Gino Soldà – Una vita straordinaria”, mettendo a fuoco le scelte che hanno dato vita a questo progetto attraverso il punto di vista dei professionisti che vi hanno collaborato.

Raccontare una vita, restituire il ritratto di un uomo, non è mai facile. Per questo abbiamo approfondito con i registi Giorgia Lorenzato e Manuel Zarpellon le suggestioni da cui sono partiti per dare forma alla biografia di Gino Soldà.

1. Perché avete deciso di raccontare proprio la storia di Gino Soldà? Cosa rappresenta per voi la sua figura?

La scelta di raccontare la vita di Gino Soldà è venuta quasi spontanea dopo aver conosciuto la sua storia.

Era un uomo semplice, non conosciutissimo, ma che è stato in grado di lasciare un segno profondo e indelebile, un segno che meritava di essere conosciuto da un ampio pubblico.

Umiltà, generosità, caparbietà, ambizione, ironia, dedizione alla famiglia e amore per la vita: questi sono i valori che la sua figura rappresenta per noi.

2. Quali sono le più grandi difficoltà nel raccontare una biografia? Come vi siete documentati sulla vita dell’alpinista?

La parte forse più difficile del raccontare la vita di un uomo è quella di scegliere cosa entrerà a far parte della narrazione e come. In quest’opera è stato particolarmente complicato perché Gino ha avuto una vita ricca di eventi, sportivi e non, che valeva la pena rappresentare.

Il nostro obiettivo era quello di tratteggiare più l’uomo che l’alpinista e per farlo siamo partiti dalle biografie ufficiali, attingendo poi dalla fonte inesauribile e umanamente più preziosa, che è stata la famiglia. Il racconto dei figli Manlio ed Evi, in particolare, ci ha permesso di apprezzare quelle sfumature non sempre visibili agli occhi di chi non ha conosciuto direttamente.

3. Come avete scelto gli attori e come avete lavorato con loro, per restituire i personaggi in modo autentico?

La scelta degli attori è stata dettata principalmente dal desiderio di creare una continuità visiva anche attraverso i diversi linguaggi narrativi usati. Per noi era fondamentale che l’attore protagonista, che andava ad interpretare Gino Soldà, avesse le stesse caratteristiche fisiche del personaggio reale.

Mario Zucca, infatti, era perfetto per questo ruolo, proprio perché ci ha restituito la sensazione di essere davanti al vero Gino Soldà.

4. Come avete costruito, insieme al resto del team creativo, il mondo più adatto per questa storia? Quali mezzi comunicativi avete scelto (fotografia, colonna sonora, ecc.)?

Fin dalla fase iniziale il lavoro che è stato fatto dalla squadra di Cineblend e Officina Immagini si è focalizzato sul creare “l’ambiente” perfetto affinché il nostro Gino prendesse vita. Dalla fotografia, ai costumi, alla scenografia, ai colori, alle location, tutto è stato scelto e creato per descrivere al meglio la realtà in cui hanno vissuto Gino e Lena, sua moglie. 

Una parte importante, e anche complessa, è stata poi giocata in sala montaggio da Alessandra Cernic, che ha creato quella giusta commistione di linguaggi narrativi capace di restituire con armonia tutti gli elementi del racconto.

5. Qual è l’aspetto delle riprese di questo documentario che vi ha appassionato di più? Cosa volete che arrivi al pubblico?

Che la figura di Gino Soldà fosse entrata nei nostri cuori era un dato di fatto, ma la cosa che più ci ha colpito durante le riprese è stato vedere che tutto il team creativo si è appassionato a questa figura. Questo ha permesso di creare una sintonia unica, non sempre scontata, facendo buttare a tutti “il cuore oltre l’ostacolo”, ed è il motivo per cui il documentario contiene davvero un pezzetto di ognuna delle persone che ci hanno lavorato.

Ci piacerebbe che al pubblico arrivassero tutti quei valori importanti per Gino Soldà, che lo hanno reso ai nostri occhi una vera e propria fonte di ispirazione.

Questo documentario è stato “straordinario” anche dal punto di vista produttivo. La squadra composta da Cineblend e Officina Immagini, infatti, ha lavorato utilizzando soluzioni innovative, di cui abbiamo parlato con la produttrice di Marianna Tolio e con l’organizzatore generale Sergio Cremasco.

Marianna Tolio, produttrice di Cineblend, ci ha raccontato come tutto il team creativo ha saputo affrontare gli imprevisti del set…

1. Com’è nata la collaborazione con Giorgia e Manuel?

La collaborazione con Giorgia e Manuel è nata nel 2014, durante la lavorazione del documentario “Cieli Rossi – Bassano in Guerra” e sin dall’inizio c’è stata una sintonia nel portare avanti progetti che avessero un chiaro impatto sociale ed emotivo.

2. E la collaborazione con Officina Immagini? Quali sono le idee condivise che hanno legato Cineblend e Officina in questa produzione?

Con Officina Immagini ci conosciamo da diversi anni, avevo già avuto modo di apprezzarne il lavoro, ma non c’era stato finora il progetto giusto per poter collaborare. L’opportunità si è creata proprio con Gino Soldà, un progetto dove abbiamo lavorato basandoci sempre sul confronto, discutendo a fondo tutte le scelte da fare. E’ stata davvero una bella esperienza.

3. Come sono state gestite le scene più impegnative a livello produttivo?

Sicuramente le scene più impegnative sono state quelle delle scalate con Simone Moro e Maurizio Tasca.

Dal punto di vista produttivo le sfide che ci si sono poste davanti sono state parecchie: una finestra temporale molto stretta, l’imprevedibilità meteo, la necessità di essere presenti fisicamente in parete man mano che gli alpinisti affrontavano la salita e l’esigenza di garantire la comunicazione tra le due unità, quella in parete e quella alla base, operazione che non è stata affatto semplice.

È servita molta pianificazione, uno studio preventivo approfondito e grande capacità di tutto il team creativo di risolvere gli imprevisti, ma alla fine siamo riusciti a portare a casa un bel lavoro.

4. Il personaggio di Gino Soldà è fortemente legato al tema del paesaggio. Quanto è stato importante scegliere le location giuste dove girare, quando non è stato possibile lavorare nei veri luoghi della sua vita?

Inizialmente le riprese della fiction, che ripercorrono gli ultimi due giorni di vita di Gino, dovevano essere realizzate nella casa di Gino a Valdagno. Questo purtroppo non è stato possibile per questioni logistiche, dunque abbiamo cercato nel territorio Veneto una location che fosse il più possibile aderente all’originale e che si prestasse a realizzare le scene del passato, ambientate nel 1943 e nel 1989, così da mantenere una perfetta armonia, un legame autentico fra il personaggio di Gino e i suoi luoghi.

Sergio Cremasco ci ha spiegato in che modo è stata gestita la produzione esecutiva curata da Officina Immagini, e quali tecnologie hanno permesso di massimizzare i risultati del lavoro sul set, adattando le potenzialità degli strumenti alle esigenze del racconto.

1. Qual è stato il contributo di Officina Immagini a livello produttivo?

Officina si è occupata di tutta la produzione esecutiva, non soltanto a livello di formazione della squadra o scelta degli strumenti tecnici più adatti al film, ma anche per quanto riguarda la gestione del lavoro sul set, dove abbiamo utilizzato processi e sistemi in grado di migliorare notevolmente i flussi di lavoro.

Per prima cosa, abbiamo lavorato condividendo il materiale su un cloud, così da collegare istantaneamente tutti i membri del team creativo e discutere ogni scelta in tempo reale: una modalità di accesso al girato che permette di collaborare da remoto con gli altri professionisti, in modo rapido ed efficiente, stravolgendo il workflow e il ciclo di produzione utilizzati in precedenza.

Sul set, inoltre, giravamo sempre collegati con dei walkie talkie, per darci delle indicazioni e procedere costruendo ogni scena nel modo più corretto. Due ottime soluzioni, che garantiscono una coordinazione immediata con tutta la squadra e che vanno verso il nostro obiettivo primario, ovvero quello di metterci a completa disposizione dei registi per tirare fuori al meglio la loro storia.

2. Come ha lavorato la squadra composta da Officina e Cineblend?

La conoscenza con Cineblend dura da anni, da quando la casa di produzione si chiamava Sole e Luna e avevo già collaborato con i due registi, Manuel e Giorgia, perché nel 2019 mi ero occupato della color del loro precedente documentario “Fucilateli”. 

La squadra ha sicuramente lavorato bene e grazie ad una forte comunicazione si è creata una sinergia che ha permesso di ottimizzare ogni scelta in funzione della narrazione, tirando fuori il massimo dal materiale. 

Il confronto è stato davvero importante anche perché lavorare assieme a una coppia di registi non è una situazione così consueta: Manuel e Giorgia hanno due teste simbiotiche per certi aspetti, complementari per altri, ricoprono il medesimo ruolo, ma sono due sensibilità diverse. 

E il bello è che quando lavorano non si dividono i compiti, ma si sovrappongono sempre ragionando in coppia su ogni aspetto del film, dalla direzione degli attori alla costruzione delle inquadrature.

3. Su cosa vi siete concentrati maggiormente per il lavoro sul set?

Ci siamo concentrati sulla diversificazione della produzione, cercando una soluzione ad hoc per ciascuno dei filoni narrativi che compongono questo film stratificato. Il materiale da girare, infatti, era molto eterogeneo, a partire dalle interviste che sono state tutte diverse l’una dall’altra: una cosa è stata intervistare Giannina, la nuora di Gino, creandole attorno un nido sicuro, in modo da facilitare il riaffiorare della memoria.

Altra cosa è stata parlare con gli alpinisti Simone Moro e Maurizio Tasca degli aspetti più tecnici. Ancor di più, affrontare le scene delle scalate, in cui i due sportivi di fama internazionale hanno ripercorso le vie aperte da Gino, è stato molto diverso da girare la parte di fiction o di documentario.

Tutto questo è stato essenziale per restituire il personaggio di Gino. La sua grandezza, infatti, sta proprio nell’aver conquistato traguardi incredibili in campi molto distanti fra loro, senza pianificare praticamente nulla, guidato soltanto dalla passione per ciò che faceva. 

Dalle imprese sportive alla lotta partigiana, questo personaggio di cui si parla troppo poco, ha vissuto puntando sempre verso ciò in cui credeva di più. Forse è proprio questo l’aspetto più straordinario della sua vita.

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