5 Maggio 2022 Sergio

Green Dogma: Intervista a Dante Cecchin

A partire dal prossimo anno, sarà impossibile ottenere finanziamenti per girare un film, a meno che non si lavori rispettando le normative green. A fronte dell’emergenza ambientale che è ormai sotto gli occhi di tutti, la priorità assoluta è diventata la salvaguardia del nostro pianeta.

Abbiamo intervistato Dante Cecchin, direttore della fotografia ed esperto del mondo green, per scoprire come la pensa su questi temi caldi, molto cari ad Officina.

Di cosa ti occupi? Come nasce il tuo interesse per il mondo green?

Mi sono avvicinato alla fotografia sin dall’adolescenza, per poi arrivare al cinema, spinto da una passione familiare presente da più generazioni. Il mio interesse per il mondo green nasce da un particolare modo di portare avanti il lavoro, da un percepito che già sentivo quando preferivo fotografare usando la sola luce solare, o integrando delicatamente la luce naturale al cinema, senza togliere a questi effetti la loro magia organica.

Queste tecniche richiedono un utilizzo di energia ridotto ed hanno avuto una portata straordinaria sulla visione cinematografica a livello internazionale, da quando ha iniziato ad affermarsi il collettivo danese Dogma 95 che le ha rese il suo tratto distintivo.

n.d.r. Dogma 95 è stato un movimento cinematografico nato nel 1995 ad opera dei registi danesi Lars Von Trier e Thomas Vinterberg. A livello stilistico, il movimento promuoveva un ritorno del cinema al grado zero, escludendo effetti speciali o tecnologie elaborate, al fine di rinnovare il linguaggio.

Seguendo questo credo, nel 2004 ho diretto la fotografia del film “Dopo Mezzanotte” di Davide Ferrario che mi è valso una nomination ai David di Donatello. Il film è stato girato interamente con batterie, con meno di 5 kW in totale, senza utilizzare generatori endotermici, anticipando quello che oggi è il nuovo protocollo green per la produzione cinematografica.
Tra l’altro questo riconoscimento ha sollevato non poche polemiche fra gli addetti ai lavori. Un po’ come accade per la rivoluzione green, quando si tratta di cambiamento, è inevitabile essere anche osteggiati.

Dopo l’esperienza di “Dopo Mezzanotte”, nel 2005, il gruppo di regia “Dipteros” mi ha chiesto di lavorare ad un b-movie horror in alta definizione, utilizzando il minor apporto energetico possibile. Così è nata la fotografia di “The Counting House”, il primo film digitale della storia del cinema cinese, girato interamente a Tai – O, un villaggio di pescatori su una delle isole di Hong Kong.

Per questo film è stata utilizzata tutta la luce naturale disponibile, con una tecnica basata sull’integrazione, ed un consumo di energia sotto i 5kWh. Il risultato è uno di quegli effetti che ho amato fin dai miei esordi, quando giravo cortometraggi a zero budget. Quel tipo di luce restituiva un’atmosfera sognante, che raccontava tutto del cinema orientale. Questo film è stato un’esperienza straordinaria, durata tre mesi di riprese, ed è stato prodotto da Rai Cinema, Karma Pictures e February Entertainment.

Per parlare di cinema green tocca partire da quello che c’è stato fino adesso, ovvero l’estetica dei film americani.
Il bombardamento di luminosità, colore, effetti visivi tipico di Hollywood è sempre stato un simbolo, un modello da cercare di imitare nello sfarzo e nella spettacolarità, se si voleva dare vita ad un film di successo.
Quanto pesa questa eredità?

La questione dei protocolli green del cinema sta facendo molto discutere gli addetti ai lavori, che vedono ancora le normative come una limitazione della creatività.
Questo accade proprio perché la grande industria hollywoodiana è abituata da oltre cento anni a ricostruire interamente la luce, utilizzando potenti generatori a gasolio.
Si tratta di dispositivi che garantiscono una immensa libertà operativa e che permettono di utilizzare una qualsiasi fonte luminosa per fare praticamente tutto ciò che si vuole, anche illuminare la notte a giorno. Il tutto con un impatto ambientale davvero incalcolabile.

La consapevolezza green sta agendo sempre più su questo cliché cinematografico, basato su un’estetica ricca, carica di effetti speciali. Siamo al punto in cui le scelte estetiche dovranno essere fatte rivedendo i parametri produttivi. Servirà un approccio sempre più consapevole, basato sulla sostenibilità dell’utilizzo di energia, del Carbon Zero e delle emissioni di CO2.

La sostenibilità non implica di certo un’irruzione prepotente dell’approccio green, che ha come conseguenza una rinuncia alla cultura o all’intrattenimento cinematografico. I protocolli, infatti, si fondano sul principio di una rivoluzione gentile. Come si strutturano le normative?

I protocolli green prevedono un’azione concreta di riduzione dell’impatto, che viene progettata sulla base delle caratteristiche della produzione. Una programmazione ad hoc che dà indicazioni precise sul monitoraggio delle emissioni, sull’utilizzo di illuminatori a led, andando a bandire definitivamente i vecchi proiettori a tungsteno e HMI.
Per essere efficaci queste normative dovranno essere costantemente aggiornate sulle tecnologie led sempre più innovative che sono in fase di sperimentazione.

Il punto focale per noi, invece, riguarda la costruzione di una consapevolezza sulle conseguenze che il nostro mestiere ha sul mondo che abitiamo. Ridurre l’impatto ambientale ed arrivare a una nuova coscienza di produzione cinematografica sono componenti di una evoluzione necessaria, che deve essere accompagnata da un nuovo modello estetico.

Mi piace pensare che presto prenderà vita un immaginario fotografico originale e rivoluzionario che contenga canoni visivi diversi, capaci di generare un nuovo paradigma, così da rendere obsolete certe vecchie logiche fotografiche basate su potenti invasioni di luce, bisognose di quantità di energia spesso smisurate. Non è solo una questione di scelte creative, lo sviluppo tecnologico dei sensori delle macchine da presa sta aprendo la strada a valori di sensibilità mai immaginati prima.

Potenza o sostenibilità? Ridurre la questione ambientale a questa alternativa è una semplificazione eccessiva. I protocolli green, per primi, promuovono una transizione graduale, modellabile sulle esigenze del set, sempre entro limiti intoccabili che garantiscano il rispetto dell’ambiente.
Una rivoluzione intelligente, gentile, che Officina ha sostenuto producendo dei green film nell’ultimo anno. Quali sono, secondo te, le migliori soluzioni capaci di integrare potenza e sostenibilità per quanto riguarda il settore audiovisivo?

Non si tratta di scegliere fra il rispetto per l’ambiente e la potenza delle risorse che servono per lavorare al cinema. Anzi, forse è proprio questa semplificazione eccessiva che ha fatto rimandare all’infinito un’azione concreta di difesa del pianeta, liquidando proposte e soluzioni possibili, come se fossero soltanto buoni propositi o allarmismo esagerato.

Esistono compromessi, strategie flessibili, che mettono la sostenibilità ambientale in primissimo piano, senza andare a discapito della produzione. Per sostituire i vecchi proiettori inquinanti, per esempio, sul mercato ci sono già delle ottime soluzioni, altrettanto potenti e adatte al cinema.

Conosco bene, perché ci lavoro, le power station Power 230, delle batterie totalmente green, da 230 V di potenza, che incontrano le esigenze del lavoro di un set, senza danneggiare l’ambiente.

Si parla di fonti ad energia rigenerabile, dunque a zero impatto ambientale, che risolvono il problema del consumo di risorse, senza vincolare il lavoro di produzione. Una di quelle soluzioni concrete ed efficaci, che riescono a tenere assieme entrambi gli aspetti.

La tua visione della questione ambientale è molto interessante, perché si basa su passi concreti, perché abbina l’ideale della sostenibilità a soluzioni pratiche e accessibili a tutti, il che non è per nulla scontato.
Cosa ti ha spinto verso questo tipo di approccio?

Sicuramente la mia esperienza. Durante gli anni in cui ho imparato a conoscere il mondo green, mi sono reso conto che per convincere anche i più scettici bisogna proporre soluzioni concrete e dimostrare di lavorare in prima persona per realizzare la propria visione.

Per esempio, sono rimasto colpito io stesso dal potenziale rivoluzionario delle batterie Power 230. Ho deciso di prendere parte attivamente a questo nuovo progetto imprenditoriale perché lo trovo in linea con il mio modo di vedere le cose.

Power 230 unisce diversi aspetti che mi interessano: ha il grande pregio di non porre limiti al lavoro, offrendo prestazioni eccezionali, e lo abbina a tecnologie che garantiscono il totale rispetto dell’ambiente. La ritengo una di quelle soluzioni che metteranno d’accordo tutti, perché è pratica, facile da trasportare come un powerbank, e perché offre una versatilità sorprendente. Nonostante nasca dal settore audiovisivo, infatti, può essere applicata agli ambiti più diversi, e non solo quelli lavorativi.

Sono convinto che le buone idee stiano a loro agio ovunque, infatti, dietro a questa versatilità c’è un concetto di base brillante, quello della modularità. Le singole unità di Power 230 possono essere addizionate in una catena di potenza, che aumenta di molto l’autonomia di utilizzo e le potenze in gioco, ottimizzando i piani produttivi in maniera eccellente.

Serviranno sicuramente piani di formazione degli elettricisti e di tutte le maestranze, per affrontare con coscienza il cambiamento e utilizzare l’energia sempre meglio e sarà necessario un aggiornamento delle normative di sicurezza, perché questa batteria è estremamente sicura, ma va conosciuta bene.

Resta il fatto che uno strumento del genere, se abbinato ad una nuova mentalità gestionale, può essere la svolta.

Officina si ritrova molto in questa rivoluzione graduale, ma concreta. Parlare di sostenibilità significa promuovere una mentalità che va contro il consumo “usa e getta”.
Quali sono le strategie vincenti per applicare un’etica lavorativa a impatto zero al settore cinematografico?

Il pensiero green proietta l’intero processo produttivo cinematografico verso un profondo ideale di sostenibilità che impiegherà tempi forse lunghi per affermarsi davvero. Quel che è certo è che porterà ad un effettivo cambio di paradigma, rendendo istintivo seguire le nuove logiche green, in un progredire naturale e straordinario.

Quello che più mi affascina è pensare a come la creatività umana reagirà a tutto questo. Il nostro lavoro è messo di fronte ad una revisione dei suoi parametri, ma troverà l’evoluzione estetica giusta per dare nuova energia ai film, senza abusare dell’energia del pianeta. Il nuovo vero motore diventerà l’innovazione, l’ingegno indirizzato alla sostenibilità e darà vita ad una rivoluzione che porterà nuove emozioni al grande cinema.

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