10 Agosto 2023 Irene

Marco Benvenuti, produttore di “Pietre Sommerse”, ci racconta questo progetto all’insegna del proviamoci

1. Come è nato il rapporto di collaborazione fra Motion Studio e Jordi Penner, il regista di Pietre Sommerse?

Con Jordi ci siamo conosciuti ad un corso di cinema, lui aveva studiato sceneggiatura e siamo diventati amici proprio per questi interessi comuni. Parlavamo dei progetti e abbiamo fatto qualche docenza insieme, sempre nel campo dell’audiovisivo.
Quando ha realizzato “Amore Cane” non ero stato coinvolto nella produzione per una questione di tempi, infatti, alla fine Jordi ha deciso di autoprodursi. Quando ho visto il film, però, l’idea mi è piaciuta e ho trovato Jordi molto abile nel lavoro con gli attori, per questo gli ho proposto una collaborazione con Motion Studio. Da parte mia c’erano tutte le intenzioni di alzare l’asticella perché “Pietre Sommerse” è la prima esperienza di produzione vera e propria per Motion Studio.

C’è stata subito una grande sintonia sulla voglia di fare le cose in un certo modo, senza sconti, fretta, o facendo scelte al ribasso. Abbiamo ascoltato tutti i collaboratori per capire quello di cui avevamo bisogno e abbiamo messo in piedi un bel set. È stato faticoso, ma molto bello perché abbiamo lavorato assieme, ci inserivamo dove c’era bisogno tutti e due.Abbiamo trovato dei buoni finanziamenti, come quello della Film Commission e il contatto di Nicola con Sergio è stato determinante, perché Officina ha curato la postproduzione in modo professionale, finalizzando in maniera impeccabile il lavoro, cosa che ci ha dato un grande aiuto.

2. Cosa ti è piaciuto di questa storia? Perché hai deciso di produrre proprio Pietre Sommerse, fra i diversi racconti che ti erano stati proposti?

Tra le idee in ballo la scelta è ricaduta su “Pietre Sommerse” perché mi piaceva il tema, che non tratta di una coppia, di una storia d’amore, ma di un rapporto fra fratelli, toccando la questione della dipendenza. L’ho trovato ambizioso e molto interessante, anche perché non ha un inizio e una fine. Sembra uno stralcio di film, un pezzo di vita che potrebbe tranquillamente diventare un lungometraggio. Si può fantasticare su quello che può essere successo prima o dopo, e questa cosa secondo me funziona.

Se poi guardo le cose dal punto di vista della produzione in sé e per sé, per me c’era sempre la sfida di fare qualcosa di più, l’idea di mettermi alla prova. In questo script c’erano le riprese in barca, le subacquee, la questione del meteo e quindi della luce. Non si trattava di stare comodi come quando si gira tutto in una stanza. Per le riprese sulla barca, ad esempio, abbiamo noleggiato una piattaforma 10x10m e per i primi piani gli attori erano seduti su questa piattaforma, con tutto il team di venti e più persone dietro. Anche i cameracar, non sono stati semplici, abbiamo dovuto brandeggiare tutta la macchina. Per le subacquee invece abbiamo girato tutto in un giorno separato rispetto al resto del set.

Abbiamo deciso di lavorare con una Black Magic e ci siamo organizzati noleggiando una barca di sostegno, dove stavano Jordi, Nicola e l’operatore subacqueo. Il protagonista della corsa sott’acqua è un ragazzo del centro sub di Trento, che è arrivato con il suo istruttore per questioni di sicurezza. Ha dovuto soffrire un po’ il freddo, ma se l’è cavata davvero bene a camminare con la sua pietra! Insomma, a livello produttivo ci sono state delle difficoltà che sono state molto stimolanti. È stato bellissimo nella parte di preproduzione lavorare fianco a fianco con Jordi, ma anche vedere tutte le cose realizzarsi passo dopo passo nei giorni di fatica e frenesia del set.

3. Anche tu, come il regista, sei trentino. Quindi conosci molto bene i luoghi in cui il film è stato
girato. Pensi che questa familiarità sia un valore aggiunto?

Non so dire se dal punto di vista produttivo si possa parlare di un valore aggiunto. Volevamo girare al Lago di Ledro perché è un posto bellissimo. Il vero “di più” è stata la rete di supporto che ci ha aiutato, a partire dal personale del campeggio, dalle persone che ci hanno messo a disposizione la casa per le riprese o ci hanno dato una mano per il noleggio del materiale. Siamo stati aiutati molto su aspetti che in un posto diverso magari avremmo fatto più fatica ad ottenere, in questo senso la familiarità fra persone che ci conoscevano e che conoscevano il nostro progetto è stata importante. Come produzione poi, ci tenevamo a girare in Trentino per valorizzare la nostra regione, cosa che ritenevamo giusta anche per la richiesta di finanziamento alla Film Commission. La scelta ci ha premiato a livello meteorologico, volevamo il cielo uggioso e pioggia, per fortuna, abbiamo avuto!

4. Da spettatore, quale pensi sia l’elemento più forte di Pietre Sommerse?

Vedendo il corto finito trovo che la parte più forte sia quella attoriale, i protagonisti sono stati bravissimi e si vede tutto il lavoro preliminare che Jordi ha fatto con loro prima di arrivare sul set. Credo che il ruolo più importante del regista sia quello di tirare fuori i personaggi al meglio, più che la composizione dell’immagine in sé e in questo Jordi ha una grande dote. Ha replicato, anzi migliorato, quello che mi aveva colpito in “Amore Cane” e le performances degli attori in “Pietre Sommerse” per me fanno davvero emozionare.
Anche il finale aperto mi piace, trovo che il fatto di lasciare le cose non concluse funzioni. Arrivi in fondo al corto che ti chiedi ancora cosa sta succedendo, se i fratelli si stanno guardando, se è tutto successo solo nell’immaginazione di uno di loro. Queste sono le cose che ti spingono a chiacchierare con qualcuno al cinema, appena fuori dalla sala, per capire come la pensa lui.

In generale sono molto soddisfatto di tutto quello che abbiamo imparato come produzione, del lavoro con Jordi e del fatto che il nostro piano produttivo è stato efficace in termini di gestione del budget. Nonostante i giorni intensi sul set siamo riusciti a far filare tutto come da programma e di questo sono molto orgoglioso. Per me è stato un bel banco di prova anche la gestione delle persone sul set, il fatto di non avere un ruolo definito mi portava ad intervenire ovunque servisse. Le difficoltà saltano fuori man mano, quindi mi ero imposto di rimanere molto flessibile e le cose hanno funzionato bene, quindi sono molto contento.
L’altro aspetto rilevante per me è stato l’essere sempre seguito nel mio dire “proviamoci!”: sul pelo dell’acqua, per le subacquee, per le scene in riva al lago. Abbiamo fatto in modo di dotarci di tutto quello che serviva, investendoci, per poi renderci conto lavorando che avevamo fatto bene, perché certe cose erano indispensabili per avere il controllo completo dell’immagine e raggiungere il risultato che volevamo. Non è tanto la marca della camera in sé, ma come ci lavori intorno, come ti poni.
Con Jordi, Nicola e Daniele, l’aiuto alla regia, ci abbiamo lavorato su veramente tanto e portare a casa questo risultato è una grande soddisfazione, perché abbiamo visto uno scatto in su rispetto al lavoro precedente, che ci è stato confermato da Tiny Distribution. Migliorarsi è sempre una vittoria!

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