Il cinema dei contenuti confezionati
L’espressione “manufacture contents” o contenuti “confezionati” è stata utilizzata diverse volte da uno dei registi più importanti della New Hollywood: Martin Scorsese.
Il regista, con una lunghissima carriera cinematografica alle spalle, ha recentemente presentato il suo nuovo film: “Killers of the Flower Moon”, ed è proprio parlando di prodotti cinematografici contemporanei che ricorre a questa terminologia.
Secondo Scorsese, i contenuti confezionati sono la conseguenza di ciò che la società odierna richiede al cinema: una moltitudine di titoli spettacolarizzati, con effetti speciali incredibili e supereroi come protagonisti indiscussi.
La volontà è quella di avere sempre nuovi contenuti da poter guardare, soprattutto in streaming nelle piattaforme.
Prodotti che non siano troppo pesanti o impegnativi e che mantengano l’attenzione dello spettatore fino alla loro conclusione, salvo poi essere dimenticati in un tempo ridottissimo.
Martin Scorsese critica soprattutto quest’ultimo aspetto. Il cinema dovrebbe essere un mezzo per raccontare qualcosa e, innanzitutto, per lasciare qualcosa allo spettatore.
Dar modo al fruitore di sviluppare un pensiero o un’idea su questioni sociali, far scaturire una volontà di critica, incrementare la conoscenza e la curiosità su alcuni temi ecc.. dovrebbe essere la prima regola del cinema.
Non si parla, però, di scarse potenzialità registiche, bensì di un loro paradossale adattamento alle richieste dei consumatori. In questo processo viene meno la volontà del regista e ci si limita ad un contenuto creato appositamente per una società che non vuole avere a che fare con titoli lunghi e impegnativi.
Dice Scorsese, esprimendo il suo rammarico nei confronti della critica sulla lunghezza del suo nuovo film, “Tre ore e mezza sono troppe per uno spettatore abituato a guardarne 5 nella televisione commerciale?”.
Questo è il punto della situazione. Ci siamo abituati a non pensare, ad essere spettatori completamente passivi e a farci scivolare addosso tutto quello che ci viene proposto.
Questo problema purtroppo non riguarda solo il cinema ma comprende tutti i territori culturali. La letteratura, la musica, l’arte contemporanea non fanno altro che seguire la settima arte in una lunga serie di prodotti fini a se stessi che, qualitativamente parlando, lasciano poco o nulla a coloro che ne vengono in contatto.
Per questo motivo si parla di contenuti fabbricati, industriali e, se vogliamo, anche già direttamente costruiti da un’intelligenza artificiale.
Se quest’ultima deve ancora arrivare ad essere utilizzata al cinema è a causa di particolari questioni tecniche ma, alla fine, è come se già venisse impiegata.
Un mezzo oggettivo per creare contenuti semplici, con una struttura narrativa modesta e personaggi piatti e prevedibili.
Questa è una considerazione generica che non tiene conto delle eccezioni che sicuramente, come lo stesso film di Scorsese, ci sono e che, per fortuna, vengono ancora realizzate.
Ci auguriamo che continuino ad esserci figure nel mondo culturale disposte a portare avanti la realizzazione di prodotti educativi, culturali, e riflessivi e vi siano sempre spettatori disposti ad accoglierli.