15 Febbraio 2023 sergio

Il vino e gli alcolici nella video comunicazione

Le possibili restrizioni della UE e dell’OMS nei confronti del marketing di vino e alcolici stanno spingendo molti esperti della comunicazione a ripensare le loro strategie.
Esaltarne i valori culturali e sociali è l’obiettivo.

Il vino da Oscar

La stanza che apriamo quando portiamo la bottiglia alle nostre labbra è interessante.
La stanza dell’incontrollato è quella in cui le persone si innamorano, vengono ispirate, da dove arrivano le idee.

Lo dice Thomas Vinterberg, il regista di Un altro giro (2020), film che porta avanti una teoria semplice quanto provocatoria: l’alcool può aiutarci ad allentare un po’ il controllo sulle nostre vite. Vite controllate dalle app che ci dicono quanti passi facciamo, quanto peso perdiamo, dove siamo stati la scorsa settimana e dove saremo l’anno prossimo.

Il film ha vinto un sacco di premi, tra cui l’Oscar per il Miglior film internazionale, e allo stesso tempo ha ricevuto molte critiche per via della sua sfida al politically correct. Eppure forse oggi di critiche ne avrebbe ricevute di più, magari dalle organizzazioni internazionali.

Il mondo contro il marketing digitale

A settembre 2022 l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unione Europea, preoccupate per i rischi che può avere l’alcool sulla nostra salute, hanno approvato un Piano d’Azione che prevede la diminuzione del suo consumo del 10%, da qui al 2025.
Oltre all’aggiunta di nuove tasse e al tentativo di chiarire meglio i possibili danni dell’alcool sulla salute, nel piano vengono proposte delle regolamentazioni al digital marketing legato al beverage.
A preoccupare l’OMS e l’UE sono in particolare i giovani: da un lato perché, passando tanto tempo online, sono i più esposti al marketing digitale; dall’altro perché il loro corpo metabolizza l’alcool in modo diverso dagli adulti.
Bisogna quindi rendere i consumatori – i teen ma non solo – consapevoli dei rischi sulla salute che le bevande alcoliche possono comportare.

Va dimostrato che c’è l’alcool cattivo e quello buono, l’ubriacatura e la degustazione, il bere per dimenticare e quello per ricordare. Soprattutto, che l’alcool costituisce un valore sociale e culturale.
Ma chi dovrebbe prendersi queste responsabilità?
Di sicuro le aziende produttrici di bevande alcoliche, e il marketing.

Vino e alcolici sono (anche) cultura

Sempre più aziende si sono prese la responsabilità di dimostrare che l’alcool può essere e fare cultura. Tuttavia, per aggirare le restrizioni sul marketing digitale, alcune di queste hanno deciso di adottare strategie alternative.
Facciamo giusto tre esempi. Uno, la Galleria Campari: una galleria d’arte a Sesto San Giovanni (Milano) che racconta la storia del brand attraverso l’arte, il cinema, la tv e non solo. Due, i Bacardi tour nella distilleria di rum di Puerto Rico, in cui il brand offre visite guidate, degustazioni e lezioni di mixology. Tre, la Corona Isle: un’intera isola che il brand rende accessibile al pubblico per veicolare i concetti di eco-turismo e sostenibilità.

Oggi è ormai diffusa la consapevolezza per cui un brand ottiene la fiducia del pubblico se ne condivide i valori. L’azienda deve prendersi la responsabilità delle problematiche del pianeta e rendersi parte attiva del cambiamento sociale, ambientale, culturale. Tanta roba, insomma.

Non c’è niente di meglio di un video

Se un branded content o un product placement non digitale può essere un modo per evitare le possibili restrizioni dell’Europa e dell’OMS, c’è anche da dire che niente è potente quanto il video.

In Officina Immagini crediamo fermamente che il mezzo audiovisivo – che sia una pubblicità tradizionale o un branded content – è il più efficace per comunicare i valori di un’azienda, anche per quanto riguarda il video-marketing per il settore food e beverage.
Per la Cantina Rotari, punta di diamante del gruppo Mezzacorona, abbiamo ad esempio realizzato un video dal linguaggio cinematografico, che racconta il territorio facendo leva sulle emozioni.

Linguaggio cinematografico, Territorio ed emozioni sono tre elementi fondamentali per Officina Immagini.

  • Il video può essere visto in contemporanea in ogni parte del mondo, un’infinità di volte.

  • Può suscitare emozioni attraverso la narrazione che gli è propria, portata avanti da protagonisti selezionati ad hoc.

  • Può evocare le più diverse atmosfere, dalla quella più paurosa a quella più edificante.

  • Attraverso il potere delle immagini e dei suoni può dare la sensazione di ognuno dei cinque sensi.

  • Può fotografare il presente, andare indietro nel passato e proiettarsi verso il futuro.

  • Può rappresentare la realtà o riprodurre la più bizzarra delle fantasie.

Le brand serie su vino e alcolici

Oltre al singolo video, un’azienda potrebbe optare per una strategia di branded entertainment che contempli la serialità.
Ad esempio, la fiction Rai Di padre in figlia racconta la storia di alcuni distillatori di Bassano del Grappa in cui è centrale l’alambicco delle Distillerie Poli, che costituiscono anche l’ambientazione della serie. In modo simile, Love in the villa, una serie visibile su Netflix e prodotta in collaborazione con Tommasi Wine, racconta il territorio veneto e la sua tradizione vinicola. Qui, non solo i vini Tommasi innescano la storia d’amore tra i due protagonisti, ma la cantina Valpolicella si trasforma nel set della serie.

Strategie di questo tipo permettono al pubblico di emozionarsi, di far sì che l’emozione si trasformi in ricordo e di legare quel ricordo all’azienda. In questo modo si rafforza il legame tra il brand e il consumatore, un legame basato sui valori condivisi.
Quali sono i valori in questi casi?
Poiché la serie Di padre in figlia segue i cambiamenti storici che hanno portato le donne a guadagnarsi parità e diritti civili, la distilleria Poli diventa in qualche modo un’alleata delle donne e della loro emancipazione. In Love in the villa, invece, avendo contribuito alla relazione tra i protagonisti i vini Tommasi diventano sinonimo dell’amore romantico.
In entrambi i casi, i brand promuovono le bevande alcoliche facendo leva sulla loro importanza nella cultura eno-gastronomica italiana, evocando implicitamente il fatto che se si beve bene e responsabilmente l’alcool non comporta rischi.
Un’educazione al bere che vale più di mille restrizioni.

Un altro giro… di vino, e di comunicazione

Se il marketing legato al beverage volesse spingersi ancora oltre, insieme ai valori culturali potrebbe raccontare anche quelli più squisitamente sociali. Magari andando un po’ fuori dagli schemi ma dicendo la verità, come ha fatto Vinterberg in Un altro giro.
Chi può negare che una moderata quantità d’alcool ci fa perdere un po’ il controllo, è vero, ma quel tanto che serve per accettare col sorriso gli imprevisti più deludenti? Chi può negare che l’alcool allevia lo stress, ci rimette in connessione col mondo e ci fa sentire più uniti agli altri?

Il punto è trovare il giusto limite oltre il quale si esagera. Sarebbe bello se anche il marketing legato al beverage potesse esprimere questi concetti, magari ispirandosi a quello che pensa il regista:

Se Dio avesse creato un mondo senza alcool? Credo che, in qualche modo, troveremmo comunque l’ispirazione, che le persone si sposerebbero lo stesso… […] Ma l’alcool è quella piccola cosa che ingegna molte situazioni e decisioni interessanti nella vita.

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