Officina Immagini https://officinaimmagini.com/ Produzione Video Padova Tue, 19 Mar 2024 19:00:43 +0000 it-IT hourly 1 https://officinaimmagini.com/wp-content/uploads/2020/07/cropped-Pfficina-immagini-favicon-3-32x32.png Officina Immagini https://officinaimmagini.com/ 32 32 Lo star system in Italia https://officinaimmagini.com/star-system-in-italia-oggi/ Tue, 19 Mar 2024 19:00:43 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12469 La parabola dello star system in Italia dagli anni '60 ad oggi. Qual è la situazione delle star del cinema oggi?

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Lo star system in Italia

L’era d’oro del cinema italiano viene fatta coincidere con gli anni ’60, un periodo in cui attori e registi erano considerati delle celebrità ineguagliabili e i titoli cinematografici erano particolarmente apprezzati, il decennio d’oro dello star system in Italia, durante il quale eravamo invidiati ed amati in tutto il mondo.

Keystone-France/Gamma-Rapho via Getty Images
Silvana Mangano, Vittorio Gassman, Dino De Laurentis e Alberto Sordi alla Mostra del Cinema di Venezia
Parlando di celebrità, qual è la situazione delle star italiane contemporanee?

Dalla metà degli anni ’80, il cinema italiano inizia una fase di discesa che arriva fino ad oggi.
Con il passare delle generazioni, si è persa la specificità che contraddistingueva il cinema e, va da sé, lo star system in Italia.
Oggi le vere star del sistema sono quasi tutte over 40 e risulta sempre più difficile paragonarsi al passato, soprattutto per i giovani talenti.

Il mondo del cinema è diventato, certo, più accessibile rispetto ad anni fa e ci sono sempre più possibilità di formazione. Gli attori formati o non, che sognano di debuttare in qualche film sono sempre di più e allo stesso modo anche le produzioni sono aumentate vertiginosamente.

Vittorio Zunino Celotto/Getty Images
Matilda De Angelis e Pietro Castellitto, Festival del Cinema di Roma 2022

La moltitudine di film e il vastissimo mondo delle serie tv, che ormai ha spopolato nella nostra contemporaneità, sono causa di un’enorme diversificazione di contenuti.
Per incrementarne l’originalità, per ogni prodotto vengono ingaggiati attori diversi in modo da avere sempre contenuti diversificati e competitivi.
L’identità dell’attore diventa tutt’uno con quella del suo personaggio e della produzione.
Non è affatto strano sentir parlare molto di un nuovo attore e del suo successo in una serie o in un film e, dopo poco, non averne più notizie, salvo casi particolari.

Si discosta in parte da questo pensiero Giampaolo Letta (vicepresidente e amministratore delegato di Medusa Film) che parla di buone possibilità di creare un nuovo star system in Italia. Cita nomi di attori e attrici come: Matilda De Angelis, Miriam Leone, Benedetta Porcaroli, Filippo Scotti, Marco d’Amore e alcuni altri per poi concludere con i protagonisti delle due serie italiane più seguite di questi anni dai giovani: Skam Italia e Mare Fuori.

#RoFF18. Mare Fuori 4 – Maria Esposito. Foto di Emanuele Manco

Piera Detassis (presidente e direttrice artistica dell’Accademia del Cinema Italiano e premi David di Donatello), invece, ammette l’impoverimento dello star system italiano.
Secondo lei non abbiamo solo bisogno di un sistema industriale che consenta la crescita delle star ma anche di attori che lo vogliano essere. Oggi, continua, è la personalità che vince sullo schermo.
Insiste anche sull’importanza della promozione degli attori stessi che deve essere parte integrante del lavoro, anzi, dovrebbe essere inclusa tra gli obblighi.

Sull’importanza della promozione legata al film se ne parla qui: https://officinaimmagini.com/cinema-italiano-cinema-americano-comunicazione-film/)

Serve, inoltre, diffondere la consapevolezza che quella dell’attore è una professione e che quindi necessita di lavoro e formazione continua.

In conclusione, lo star system in Italia ha bisogno di essere consolidato. La mancanza di personalità forti in grado di smuovere le masse, inizia ad essere un peso non indifferente.
Il cinema, infatti, è sempre stato legato ai suoi divi ed è anche grazie a loro che molti film sono diventati i grandi classici che oggi tutti conoscono.

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Il futuro del cinema italiano: l’importanza della comunicazione legata ai film https://officinaimmagini.com/cinema-italiano-cinema-americano-comunicazione-film/ Wed, 13 Mar 2024 13:05:07 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12459 Un mix di elementi portano (quasi sempre) il cinema italiano ad avere una posizione di svantaggio rispetto alle produzioni straniere, soprattutto americane.
Ma è un problema di film o di comunicazione?

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Il futuro del cinema italiano: l’importanza della comunicazione legata ai film

Un mix di elementi portano (quasi sempre) il cinema italiano ad avere una posizione di svantaggio rispetto alle produzioni straniere, soprattutto americane.
È un problema di film o di comunicazione?

Perché la considerazione per un film americano è superiore a quella per un film italiano?

Il produttore Aurelio de Laurentiis ne è un esempio. Parlando del pluripremiato Oppenheimer di Christopher Nolan, si esprime sottolineando quanto questo film lo abbia particolarmente coinvolto, tanto da volerlo rivedere più e più volte.

Diversamente, afferma che per un film italiano questo non gli capita. Anzi, dice, si tratta di film brutti e mal scritti.

C’è un reale problema di scarsa scrittura dei film italiani oppure le questioni sono altre?

Di sicuro un film come Oppenheimer, con una forte strategia di comunicazione alle spalle, non ha fatto fatica a diventare un titolo interessante per il grande pubblico. Un regista come Christopher Nolan, diventa lo scoop del momento, un motivo di conversazione.

Se di tua natura non avresti avuto interesse ad andare a vedere il film, il continuo parlarne tra amici e familiari ti obbliga quasi, per curiosità, a prendere parte alla visione. Cosa che solitamente non capita nel cinema italiano.
Ai film italiani purtroppo manca la relazione con il pubblico, dipesa quasi completamente da un’efficace comunicazione.

Mettiamoci anche che i fondi per il cinema italiano sono più ridotti rispetto a quelli per il cinema americano, e che i due modelli non potrebbero essere più diversi.

Per meglio dire, i fondi per il cinema italiano ci sono, ma sono mal utilizzati e non viene sfruttata la potenzialità del contatto con il pubblico. Non solo, le sale cinematografiche non assorbono più gli stessi numeri di un tempo a causa dei cambiamenti nella percezione dei film e nelle abitudini.

Per questo motivo Disney Italia ha annunciato che ci saranno diversi licenziamenti nella loro società, dal momento che le produzioni italiane non stanno portando i risultati sperati.

Ci sono però ancora società estere disposte ad investire in Italia, come la Warner Bros, che, secondo Alessandro Araimo (General Manager Italy e Iberia di Warner Bros Discovery), ha ancora tutte le intenzioni di puntare sul cinema italiano come ha sempre fatto e forse di portarvici anche una nuova piattaforma di streaming.

Dobbiamo anche aggiungere che non tutto il cinema italiano è in crisi, se guardiamo ad esempio a Cinecittà, la situazione è tra le più rosee. Ma parliamo di un polo cinematografico che, per quanto italiano, si fonda su un mercato internazionale.
Anche la Rai, come servizio pubblico nazionale non si sente particolarmente presa in causa, ma non si può considerare immune.

A differenza del cinema italiano, quello americano azzarda, non è ancorato alla tradizione! Il cinema americano si muove in un tutt’uno con il pubblico che cambia e sa, in base al mercato, su cosa è opportuno puntare e su cosa no.

Ci sono stati importanti investimenti oltreoceano, sia dal lato produttivo sia da quello della comunicazione strategica per molti dei titoli che sono sbarcati al cinema negli ultimi mesi e in quelli precedenti.
Due esempi? Barbie e Poor Things.

È ovvio allora che un titolo perfettamente pubblicizzato funzionerà di più di uno poco conosciuto come molti dei prodotti italiani, per quanto meritevoli.

È importante venire a conoscenza di quanto la comunicazione strategica e il passaparola, influiscano sul successo dei titoli in sala. Un film di cui si parla, per quanto qualitativamente peggiore di un altro, si troverà sempre, in una posizione di vantaggio.

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Esiste un metodo di insegnamento perfetto per gli studenti? https://officinaimmagini.com/metodo-di-insegnamento-perfetto/ Wed, 06 Mar 2024 15:25:40 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12455 Libero professionista o accademico? Ci siamo chiesti quale dei due metodi di insegnamento sia preferibile per gli studenti.

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Esiste un metodo di insegnamento perfetto per gli studenti?

Come tutti sanno la perfezione non esiste, così come non esiste il metodo di insegnamento perfetto nella realtà. Questo, infatti, consisterebbe nell’unione utopica di due modalità: quella accademica e quella prodotta da un libero professionista.

Capire subito che la connessione delle due non è oggettivamente possibile in una scuola o in un’università è un dato di fatto: insorgerebbero troppi problemi legati alla gestione ma non solo.
Proviamo, infatti, a pensare a quanto deve essere dispendioso avere a disposizione per ogni lezione 2 o 3 professori.

A questo punto allora la cosa migliore che ci si può chiedere è quale tra le due modalità è la migliore per la formazione di uno studente.

Dal mio punto di vista, valutando il tipo di insegnamento e soprattutto il suo impiego nel lungo termine, la preferenza ricade nella formazione affidata ad un libero professionista.
Un esperto del settore che lavora all’interno di un contesto produttivo può condividere con lo studente oltre alle nozioni teoriche connesse alla materia, anche e soprattutto i metodi personali convalidati e assodati in anni di carriera.

Questi metodi sono il risultato della fusione tra la personalità del professionista e le sue esperienze formative e lavorative trascorse negli anni.
La sua visione, fortemente ancorata al lato produttivo, diventa un bagaglio enorme per una persona che non ha ancora accumulato alcun tipo di esperienza.

Uno studente che non si è mai avvicinato all’ambiente lavorativo, ha bisogno di un legame con quest’ultimo, di una connessione con quello che potrebbe essere il suo impiego in futuro. Queste lezioni diventano per lui il primo vero approccio al mondo del lavoro nonché un modo per concretizzare le sue aspirazioni e ricevere risposte circoscritte in merito a questioni precise.

Appare quanto mai inevitabile che questo metodo non può essere utilizzato anche da un accademico. In questo caso l’insegnamento infatti si concentra sulla teoria e sulle nozioni astratte che, per quanto indubbiamente utili e interessanti, risultano fini a se stesse.

In base a quanto detto allora, molti sarebbero i benefici che porterebbe agli studenti l’aumento di una formazione professionale nelle scuole. L’esperienza infatti non si impara da Youtube e nemmeno dai libri, ma si accumula in anni di lavoro. Avere la possibilità di percepire un contatto con quel mondo, già negli anni di studio, può aiutare i ragazzi ad ampliare il loro sguardo che ai giorni d’oggi risulta troppo condizionato da standard inarrivabili e irrealistici.

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Passato e presente del DIT https://officinaimmagini.com/passato-e-presente-del-dit/ Wed, 28 Feb 2024 13:52:12 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12450 Il DIT è il collegamento tra la produzione e la post- produzione. Scopriamo l'origine e l'evoluzione di questo ruolo cruciale.

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Passato e presente del DIT

Quando si ha l’occasione di entrare in un luogo di produzione cinematografica, si viene immediatamente in contatto con tutti gli strumenti professionali che gli operatori utilizzano per svolgere il loro lavoro.
Ogni figura possiede e custodisce gelosamente le proprie attrezzature, conoscendone tutti i segreti e le modalità. Questo vale soprattutto per il DIT.

Il DIT – Digital Imaging Technician –  è colui che funge da collegamento tra la produzione e la post- produzione.
I suoi compiti spaziano in diversi ambiti: insieme al direttore della fotografia, redige un workflow tecnico e si occupa del mantenimento dell’equilibrio delle immagini tramite una Color Correction sul set, per mitigare le differenze cromatiche delle ottiche, dando continuità al filmato.
Oltre a questo si occupa anche della gestione dei file e della loro conversione.

Le origini del DIT

Il termine DIT nasce grazie ad Abby Levine e Barry Minnerly, i primi a ricoprirne il ruolo e ad occuparsi della gestione di riprese cinematografiche in HD.
Questo nuovo modo di fare cinema prende piede in America nei primi anni del 2000 e approda in Italia intorno al 2010.
In origine i DIT non possedevano attrezzature proprie dal momento che i costi erano molto elevati; l’unica soluzione perciò era quella di noleggiarle. Per ogni produzione venivano noleggiati: computer, monitor e molto altro e assemblati in un carrello: il DIT Cart.

Con il passare degli anni la tecnologia HD è arrivata ad essere sempre più accessibile così i DIT iniziarono ad acquistare la maggior parte degli strumenti di cui necessitavano.

Una cosa, però, anche con il passare degli anni, non è mai cambiata: la disposizione degli strumenti nel Cart è molto personale e differente. Il lavoro di ognuno viene gestito in maniera diversa dal momento che ogni operatore ha il suo modo esclusivo di organizzare il lavoro e di rendere le sue mansioni più efficienti possibile.

Un componente aggiuntivo al DIT Cart: lo Stream Deck

Un esempio di personalizzazione che diventa scuola? Jason Naran e Ant Thornton, due DIT che al loro DIT Cart hanno aggiunto una recente tecnologia: lo Strem Deck.
Uno strumento nato per i giocatori online ma che si è velocemente diffuso anche in ambito cinematografico.

Naran e Thornton l’hanno collegato rispettivamente a due software di Pomfort: Livegrade (software per la live Color Correction) e Silverstack (un software di gestione dati).

Lo Stream Deck presenta dei pulsanti che vengono intuitivamente assegnati alle diverse funzioni dei software di Pomfort in modo da poter compiere molte azioni senza distogliere lo sguardo dallo schermo, un metodo molto efficace per migliorare il flusso di lavoro.

In particolare Ant Thornton che utilizza lo Stream Deck per la gestione dei dati, menziona come, nel momento in cui hai a che fare con dalle 3 alle 20 telecamere, diventi complicato avere il controllo dell’intera situazione. Per questo motivo, l’aiuto che gli arriva dallo strumento scaricando i file direttamente in più destinazioni riduce difficoltà del professionista.

L’importanza del DIT

Figure professionali come il DIT sono in continua evoluzione dal momento che lo è anche la tecnologia stessa. Il suo ruolo, negli anni, è diventato indispensabile per l’organizzazione e la gestione dei file anche se purtroppo sono ancora molte le produzioni che credono di poter fare a meno della sua presenza, non comprendendo l’importante risparmio di tempo e di denaro che la sua figura comporta.

Per approfondire il ruolo del DIT:
https://officinaimmagini.com/ruolo-del-dit/
https://officinaimmagini.com/4-parole-chiave-dit/

Per informazioni sul servizio DIT: https://officinaimmagini.com/servizi/dit/

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AI, i lati negativi: discriminazione e immagini subliminali https://officinaimmagini.com/ai-lati-negativi-discriminazione-e-immagini-subliminali/ Wed, 21 Feb 2024 20:18:53 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12434 L'AI è sicuramente una grande innovazione, ma porta con sè molti limiti, anche legati alla discriminazione e al suo uso “manipolatorio”.

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AI, i lati negativi: discriminazione e immagini subliminali

In questi ultimi anni in cui è nata e si è diffusa l’intelligenza artificiale, siamo sempre stati indotti a pensare che questo nuovo strumento fosse portatore di una conoscenza universale.
In realtà anche l’AI ha dei limiti che sono quanto mai giustificabili.
Anzitutto, è necessario chiarire che gli esperti del settore raramente utilizzano il termine “AI” per nominare i mezzi dell’intelligenza artificiale, ma si riferiscono a: modelli di linguaggio e processori di immagini, o genericamente a modelli computazionali allenati con processi di Deep Learning.

Essendo un mezzo completamente oggettivo, l’AI non dovrebbe essere razzista, omofoba o discriminatoria, giusto?

Quando si parla di AI in concomitanza a umori, sensazioni e sentimenti umani, come nei film di fantascienza, torniamo bambini e ci facciamo pervadere da un particolare senso di paura.

Questo sentimento involontario è dovuto in primis alla rappresentazione negativa che i media e il cinema hanno divulgato, ma anche al fatto che, come esseri umani, siamo naturalmente portati ad aver paura del cambiamento. Catastroficamente, la preoccupazione più grande è che l’intelligenza artificiale diventi a tutti gli effetti un’intelligenza senziente, capace di intendere, volere e decidere senza l’intervento dell’uomo.

Di un fatto simile parla Umut Acar, ambasciatore turco che ha condiviso sul suo account X una conversazione con ChatGPT. Dopo una lunga discussione fatta con lo scopo di portare la Chat in contraddizione, questa arriva alla conclusione che i dati online, in oggetto, potrebbero essere stati gonfiati o falsificati dallo Stato.

Una risposta che risulta essere molto più “umana” piuttosto che oggettiva.
La motivazione di questa strana “umanità” va ricercata a monte, nel meccanismo di creazione di modelli come ChatGPT. Le informazioni contenute nelle AI sono enormi quantità di dati (i Big Data) che vengono ricombinati e analizzati dalla macchina in modo da essere usati in contesti diversi.

Il problema che riguarda questi dati è che, anzitutto, sono inseriti dai programmatori e quindi, a volte, incompleti ma anche soggetti alla loro arbitrarietà. In secondo luogo la provenienza geografica degli utenti con i quali la macchina si esercita ad analizzarli sono oggi concentrati in alcune aree geografiche circoscritte e quindi assorbono determinati input culturali.

Un altro problema riguarda la creazione di immagini generate da AI, in cui vengono incorporati messaggi subliminali.

La parola “messaggio subliminale” di per sé terrorizza perché la avvertiamo come un fenomeno in cui potrebbe avvenire una perdita della nostra capacità di scelta. Questi messaggi subliminali vengono inseriti e nascosti in alcune immagini con l’espresso intento di influenzare le masse, anche se sull’effettiva validità della loro influenza sono stati fatti diversi studi che ne attestano l’inefficacia.

Un esempio riportato dal magazine “Atribune”, riguarda il software StableDiffusion che oltre a dare la possibilità di arrivare ad avere delle immagini fornendo un testo, ha aggiunto la funzione di poter anche creare immagini con testi nascosi e addirittura con codici QR nascosti tramite l’affiliazione con ControlNet (una nuova struttura di rete neuronale).

Guarda l’immagine qui sotto, da vicino vedi un gruppo di persone sulla strada di una grande città, ma se la guardi da lontano… appare chiaramente la parola “OBEY”.

L’intelligenza artificiale, quindi, è un’innovazione dai molteplici utilizzi che potrebbe migliorare la vita dell’essere umano.
Presenta però anche dei lati ambigui. Non li definirei negativi in senso lato dal momento che alla fine, come ogni altra invenzione, non fa altro che rispettare i canoni che l’uomo le ha impartito.

Forse l’uso dell’intelligenza artificiale andrebbe in qualche modo regolamentato per evitare di scivolare in problematiche legate alla privacy (ne abbiamo parlato qui: AI e privacy) o all’uso scorretto da parte di alcuni utenti.

Per quanto riguarda invece i messaggi subliminali, potrebbero arrivare ad influenzare davvero i nostri stili di vita?

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AI: il convegno AIXA https://officinaimmagini.com/ai-convegno-aixa/ Wed, 14 Feb 2024 19:20:16 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12425 All’AIXA, convegno annuale a Milano presso il MiCo, esperti e innovatori hanno discusso sull'applicazione dell'AI in contesti sociali, scientifici e culturali. Ma il tema più caldo resta quello legato alla privacy...

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AI: il convegno AIXA

Un’intervista riportata dal magazine online “Atribune” a Carlo Antonelli, ci da modo di comprendere l’importanza dell’intelligenza artificiale, in Italia e nel mondo, grazie alla sua presenza alla sesta edizione dell’AIXA: l’Artificial Intelligence Expo of Applications.

Si tratta di un convegno che si svolge ogni anno a Milano, più precisamente al MiCo, in cui vengono discussi temi che riguardano l’AI, ma anche le nuove tecnologie in generale.
Nei due giorni in cui ha avuto luogo, aziende, esperti, manager e innovatori si sono confrontati sulle possibilità di applicare concretamente l’intelligenza artificiale a contesti sociali, scientifici e culturali nel prossimo futuro.

Un ruolo di particolare rilevanza è stato assunto dall’healthcare ossia la categoria che comprende il benessere della persona, sia in campo medico sia in campo sociale.
È proprio in quest’ultimo ambito che Antonelli cita la solitudine, dal momento che, oggi, le famiglie costituite da un solo membro hanno superato quelle formate da due o più.

Una situazione che potrebbe rivelarsi particolarmente allarmante quando si ha a che fare con persone anziane. In questo caso, l’intelligenza artificiale, potrebbe essere impiegata come una sorta di “compagnia” e diventare, quindi, un sistema che svolga il compito di interagire con gli individui.

Ci si è confrontati, poi, sul tema della lettura e di quanto l’averla trasportata nei dispositivi elettronici possa aver influito sulle capacità visive o possa aver magari contribuito a trasformarle.

Il discorso è continuato, poi, con il rapporto tra la lettura e le neuroscienze cioè lo studio di come il cervello riesce a comprendere e immagazzinare le informazioni durante la lettura tra attenzione e distrazione, fino a parlare del primo magazine, di origine italiana, nato nel Metaverso : il Red-Eye.

Un altro ambito di discussione si è focalizzato sul perfezionamento dell’uso del linguaggio nelle AI, cosa che ha, da un lato, ha incrementato opportunità e potenzialità ma dall’altro anche le preoccupazioni in merito.

L’uso del linguaggio comporta un avvicinamento sempre più stretto all’intelligenza umana e questo preoccupa l’opinione pubblica. Oggi potremmo essere in grado di dare la parola alle AI e domani magari di dare loro una cosa molto simile ad una coscienza.

Ma se di questo tratta maggiormente la fantascienza, i veri problemi potrebbero essere altri. Dei rischi sull’utilizzo di intelligenze artificiali, infatti, si è discusso ampiamente nel convegno.
Nello specifico, credo che il più significativo e vicino alla nostra contemporaneità sia il problema della privacy.

In un futuro non troppo lontano, se le AI diventeranno ulteriormente intelligenti, potranno essere in grado di copiare la nostra identità tramite tutte le informazioni che ogni giorno, senza pensarci, inseriamo all’interno dei nostri profili social. Rubando la nostra voce, i nostri tratti del volto e i nostri dati potrebbe essere in condizione di compiere atti di qualunque tipo utilizzano il nostro nome.

Azioni di questo tipo potrebbero essere orchestrate da hacker o da criminali per truffare le persone sia in termini economici sia in termini di danni esistenziali.

Vi sembra fantascienza? Beh, sappiate che questa cosa è già accaduta. Varie celebrità, tra cui Kendall Jenner e Snoop Dogg, hanno venduto la propria immagine  all’AI di Meta, che ha creato dei chatbot avanzati con le loro sembianze.

Che si parli molto delle opportunità delle AI è un dato di fatto ed è più che giusto voler incrementare di anno in anno le nostre conoscenze e possibilità, ma forse sarebbe anche corretto avere un chiaro ventaglio dei rischi che la tecnologia potrebbe arrecare al genere umano. Regolamentare maggiormente l’uso e le ricerche in campo di intelligenza artificiale potrebbe essere la soluzione per diminuirne i pericoli?
Staremo a vedere!

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Capacità cognitive e social network. Quale correlazione? https://officinaimmagini.com/capacita-cognitive-e-social-network/ Tue, 06 Feb 2024 15:02:37 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12417 L'uso dei social network può influire negativamente sulle capacità cognitive, causando dipendenza e isolando le persone dal mondo reale.
I giovani spesso non comprendono il significato dei vocaboli, questo rende difficile la comprensione delle materie scolastiche e la comunicazione, soprattutto quella intergenerazionale.

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Capacità cognitive e social network. Quale correlazione?

Analizzando il rapporto tra le alterazioni delle capacità cognitive e i social network, non possiamo non affrontare il tema dei cambiamenti di comprensione ed espressione.

Sono molti i termini di cui la maggior parte degli studenti non conosce il significato.
Non parliamo di termini aulici o poco utilizzati, ma anche e soprattutto di vocaboli impiegati ogni giorno. Nella maggior parte dei casi il significato viene ignorato completamente; in altri, lo si conosce solo parzialmente, e in altri ancora, ciò che si dà per compreso e assodato diverge completamente dal significato effettivo.

Una vita in continuo movimento, una quotidianità costantemente connessa ad un sistema che non dà modo di interiorizzare, valutare, pensare.
L’onnipresenza di modelli che generano dipendenza influiscono decisivamente sul modo di affacciarsi al reale: i social nei quali ci si trova completamente assorti, limitano la capacità critica e osservativa delle persone, distaccandole da suoni, colori, sapori.

In questo modo non si è più presenti; la mente si chiude nel circolo vizioso dell’algoritmo, e non fa entrare nessun altro input esterno.

La curiosità è diventata una caratteristica quanto mai rara; nessuno più si fa domande e non ci si confronta più con l’altro, credendo fermamente nella completezza delle proprie conoscenze. Anche quando ci si rende conto di non conoscere il significato di alcune espressioni, informarsi in merito viene fatto davvero troppo poco.

In alcuni casi scolastici la difficoltà di comprendere una materia in particolare, consiste nel fatto che sono proprio i termini italiani che non vengono compresi in maniera corretta o che anzi in alcuni casi vengono mal interpretati.

Sarebbe opportuno oggi ridefinire certi concetti, anche banali, che nel corso degli anni sono mutati e che forse oggi non sono stati ancora compresi a pieno.

Ci avviciniamo quindi ad un altro problema: gli studenti che non sono in grado di spiegare il significato di un termine che conoscono.
Manca la pratica dell’italiano. Mancano i confronti faccia a faccia,le lunghe conversazioni a mente e cuore aperto e la volontà di condividere la propria personalità. Si ha sempre più paura di dimostrarsi diversi dagli altri, di non omologarsi a quei messaggini di poche righe scritti con il cellulare o alle emoji che con un’immagine trasmettono tutto e niente.

Addirittura a volte non ci si esprime per una mancanza di voglia, un atteggiamento menefreghista generico verso il mondo, senza una particolare motivazione e questo è ancora più avvilente.

Le capacità cognitive saranno sempre più penalizzate, si arriverà ad avere delle persone non autonome nel pensiero e influenzabili.

L’aridità del linguaggio non può essere sottovalutata, è importante renderci conto che se le prossime generazioni non saranno in grado di comunicare tra loro.
Non ci sarà cooperazione e lavoro di squadra, che sono alla base di tutte le importanti realizzazioni dell’uomo moderno.

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Cinema italiano e AI, i primi traguardi https://officinaimmagini.com/cinema-italiano-e-ai-i-primi-traguardi/ Wed, 31 Jan 2024 17:09:50 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12410 In Italia il cinema nato dal connubio tra creatività umana e intelligenza artificiale ha dato i suoi primi frutti.

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Cinema italiano e AI, i primi traguardi

l’Italia, come numerosi altri paesi, si è affacciata al panorama dell’Artificial Intelligence (AI) con un misto di perplessità e contraddizioni. Oltre al suo impiego in diverse attività e agli studi correlati, l’AI ha fatto il suo ingresso nel mondo cinematografico con la creazione di piccoli cortometraggi…
Scopriamo quali sono i primi frutti del connubio tra cinema italiano e AI.

Il pioniere di questa innovativa procedura è stato Nicola Guarino, con il suo corto creato mediante l’uso dell’Intelligenza Artificiale generativa: “Nelle fauci del tempo”. Tratto dal libro di Davide Pulici, il titolo della durata di poco più di quattro minuti, narra del Cronovisore, un apparecchio ipotetico inventato da Padre Pellegrino Ernetti, negli anni ’50.

Un secondo esempio è “Cassandra”, un corto realizzato dalla scuola Holden di Torino e Rai Cinema, creato per mezzo della collaborazione tra mente umana e mente artificiale.
Con una durata di circa dieci minuti, la trama ruota attorno alla protagonista Agatha, studentessa della scuola Holden, impegnata nel compito di formare Cassandra, un’app di intelligenza artificiale predittiva.
Agatha si rende però conto che le previsioni di Cassandra si stavano spingendo ben oltre i semplici calcoli matematici, rischiando di influenzare negativamente le persone che ne sarebbero venute in contatto.

Come ultimo esempio, menzioniamo Miss Polly Had a Dolly, un cortometraggio creato interamente con l’intelligenza artificiale dai registi: Pietro Lafiandra, Flavio Pizzorno e Andrea Rossini. In questo caso, non solo il video è completamente generato artificialmente ma anche le voci dei protagonisti (un uomo ed una donna), le musiche e la sceneggiatura sono il risultato del solo dialogo dei registi con l’AI e non di una loro attiva ricerca o creazione.

Il cortometraggio esplora il rapporto tra uomo e macchina, quello tra ricchi e poveri e anche quello tra uomo e donna coinvolgendoci in un dialogo tra le due figure. I personaggi sono i guardiani di un bunker in cui dei milionari hanno fatto conservare criogenicamente i loro corpi defunti, sperando in futuro, di poter essere riportati alla vita. Uno di questi è il marito della donna, mentre l’altro guardiano è il suo amante.

Il quesito che ci siamo posti è: che ruolo avrà l’intelligenza artificiale nel futuro del cinema?
Le prime risposte sono questi esperimenti di un cinema italiano che si sta evolvendo continuamente, cercando di diventare più semplice e alla portata di tutti.

I cortometraggi citati rispecchiano la volontà di adattarsi ad un cambiamento e ad una società che si avvicina sempre più alla tecnologia innovativa delle intelligenze artificiali. Un cinema generato semplicemente da un comando, da una richiesta o da un’idea del regista è, però, ancora in una fase primordiale, ma la fiducia che possa diventare un genere consolidato è molto alta.
In questo modo l’industria cinematografica potrebbe diventare economicamente più accessibile per coloro che vogliono cimentarsi nella realizzazione di qualsiasi tipo di film.

In conclusione, potrebbe quindi essere un vantaggio ricorrere a certe tecnologie o, al contrario, a causa di queste novità, il cinema potrebbe perdere la qualità della sua trama e la sua capacità emotiva?

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Il cinema dei contenuti confezionati https://officinaimmagini.com/cinema-contenuti-confezionati/ Tue, 23 Jan 2024 08:12:16 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12404 Cosa si intende per contenuti confezionati parlando di cinema? Ne parliamo partendo dal punto di vista del grande regista Martin Scorsese.

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Il cinema dei contenuti confezionati

L’espressione “manufacture contents” o contenuti “confezionati” è stata utilizzata diverse volte da uno dei registi più importanti della New Hollywood: Martin Scorsese.
Il regista, con una lunghissima carriera cinematografica alle spalle, ha recentemente presentato il suo nuovo film: “Killers of the Flower Moon”, ed è proprio parlando di prodotti cinematografici contemporanei che ricorre a questa terminologia.

Secondo Scorsese, i contenuti confezionati sono la conseguenza di ciò che la società odierna richiede al cinema: una moltitudine di titoli spettacolarizzati, con effetti speciali incredibili e supereroi come protagonisti indiscussi.

La volontà è quella di avere sempre nuovi contenuti da poter guardare, soprattutto in streaming nelle piattaforme.
Prodotti che non siano troppo pesanti o impegnativi e che mantengano l’attenzione dello spettatore fino alla loro conclusione, salvo poi essere dimenticati in un tempo ridottissimo.

Martin Scorsese critica soprattutto quest’ultimo aspetto. Il cinema dovrebbe essere un mezzo per raccontare qualcosa e, innanzitutto, per lasciare qualcosa allo spettatore.
Dar modo al fruitore di sviluppare un pensiero o un’idea su questioni sociali, far scaturire una volontà di critica, incrementare la conoscenza e la curiosità su alcuni temi ecc.. dovrebbe essere la prima regola del cinema.

Non si parla, però, di scarse potenzialità registiche, bensì di un loro paradossale adattamento alle richieste dei consumatori. In questo processo viene meno la volontà del regista e ci si limita ad un contenuto creato appositamente per una società che non vuole avere a che fare con titoli lunghi e impegnativi.
Dice Scorsese, esprimendo il suo rammarico nei confronti della critica sulla lunghezza del suo nuovo film, “Tre ore e mezza sono troppe per uno spettatore abituato a guardarne 5 nella televisione commerciale?”.

Questo è il punto della situazione. Ci siamo abituati a non pensare, ad essere spettatori completamente passivi e a farci scivolare addosso tutto quello che ci viene proposto.

Questo problema purtroppo non riguarda solo il cinema ma comprende tutti i territori culturali. La letteratura, la musica, l’arte contemporanea non fanno altro che seguire la settima arte in una lunga serie di prodotti fini a se stessi che, qualitativamente parlando, lasciano poco o nulla a coloro che ne vengono in contatto.

Per questo motivo si parla di contenuti fabbricati, industriali e, se vogliamo, anche già direttamente costruiti da un’intelligenza artificiale.
Se quest’ultima deve ancora arrivare ad essere utilizzata al cinema è a causa di particolari questioni tecniche ma, alla fine, è come se già venisse impiegata.
Un mezzo oggettivo per creare contenuti semplici, con una struttura narrativa modesta e personaggi piatti e prevedibili.

Questa è una considerazione generica che non tiene conto delle eccezioni che sicuramente, come lo stesso film di Scorsese, ci sono e che, per fortuna, vengono ancora realizzate.
Ci auguriamo che continuino ad esserci figure nel mondo culturale disposte a portare avanti la realizzazione di prodotti educativi, culturali, e riflessivi e vi siano sempre spettatori disposti ad accoglierli.

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AI e il futuro del cinema https://officinaimmagini.com/ai-futuro-del-cinema/ Wed, 17 Jan 2024 17:39:59 +0000 https://officinaimmagini.com/?p=12395 Che ruolo avrà l'intelligenza artificiale nel futuro del cinema?

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AI e il futuro del cinema

In che misura l’intelligenza artificiale è entrata a far parte del panorama cinematografico contemporaneo?

Questo interrogativo rappresenta un attuale tema di dibattito e suscita sentimenti contrastanti: da un lato la soddisfazione per un nuovo sistema che potrebbe migliorare la qualità e la velocità del lavoro nel cinema; dall’altro, la paura che molte delle figure impiegate nel settore possano essere sostituite da questa nuova tecnologia.

Non si è ancora arrivati ad inglobare completamente l’AI nel cinema dal momento che, al giorno d’oggi, la creazione di video da parte dell’intelligenza artificiale, risulta ancora grezza e frammentata. Tuttavia, il sistema di realizzazione sta progredendo, tanto da far nascere la possibilità che in un futuro non troppo lontano, questa possa addirittura sostituire il cinema.

In che modo l’AI può essere il futuro del cinema?

Ad esempio utilizzando ChatGPT per scrivere una sceneggiatura, la quale sarà successivamente letta da un generatore vocale, trasformata in immagini grazie a dei generatori video, le quali verranno, infine, montate. Un futuro incerto, quindi, per il vasto numero di professionisti che lavorano nel cinema.

Diverse sono le aziende che, negli ultimi anni, si sono cimentate nella creazione di generatori video, tra cui: Hugging Face, Runaway e nell’autunno 2022 anche Google e Meta.

Nel 2023 le aziende Marz e Flawless hanno impiegato l’AI in due ambiti differenti: nell’immagine e nella voce.

Marz che si occupa di deaging/aging (invecchiamento/ ringiovanimento) degli attori, ha deciso di investire nell’uso dell’intelligenza artificiale. Si è resa subito conto che la sua AI (Vanity AI) ha delle tempistiche di realizzazione impensabili per i metodi precedenti: riesce a fare il lavoro di giorni in pochi minuti, con migliori risultati.

Flawless, invece, utilizza TrueSync per doppiaggio e lipsync. Si tratta di un’utilizzo straordinario dell’AI. Il sistema è in grado di doppiare un film intero in un’altra lingua o addirittura di modificare il labiale dell’attore su alcune parole. Questo processo non richiede più di qualche settimana e ciò consente, quindi, di non dover rifare le scene interessate, ma di modificarle direttamente dal filmato originale.

È ormai evidente che l’uso di AI in diversi settori favorisce velocità, risparmio e qualità del prodotto. La sua presenza semplifica passaggi particolarmente complessi e dispendiosi che rallentano l’intera catena di produzione.

Ma, potrebbe l’intelligenza artificiale in futuro prendere il controllo totale del cinema?

Molti sono fermamente convinti che il cinema non possa essere guidato (artisticamente parlando) da una mente artificiale. Se così fosse, la settima arte perderebbe quella che è la sua magia e la sua specificità andando a creare prodotti in serie, vuoti e senza significato. Non tutti concordano, però, con questa convinzione; credendo che questo cinema arriverà ad essere uno dei protagonisti dell’industria cinematografica, magari non sostituendo completamente quello umano, ma creando un suo mercato parallelo.

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